Multimedialità e sconfinamenti nell’arte di Rosario De Sarno

L’arte di Rosario De Sarno è un’arte rivoluzionaria, una rivoluzione, intesa storicamente come accelerazione del tempo, dei cambiamenti, non solo del senso comune, ma anche delle consapevolezze individuali e sociali. Una ricerca, la sua, continua e ineguagliabilmente complessa, dei linguaggi verbali, immaginari  e multimediali, che sempre più somiglia ad un caleidoscopio, dove tutto riesce ed incastrarsi col tutto, costituendo un universo di segnali e di segni, che poi finiscono per avere un codice qualsiasi, che rivoluzioni, anche solo per un attimo, il nostro comune senso della percezione, oppure costituisce un nuovo modo di sentire, senza più ritorno, separando nettamente, un prima da un dopo. L’opera di De Sarno è sotto i nostri occhi, lambisce  i nostri sensi, con tanta soffice delicatezza, così diversa dalle violenze a cui eravamo antropologicamente abituati, che rischia di passare inavvertita, mentre sconvolge e continua a sconvolgere i più consolidati parametri, su cui si fondano i nostri paradigmi conoscitivi, quelli che ci permettono di mettere in questione noi stessi e il mondo, l’infinitamente piccolo e invisibile, che si conferma come la fonte più sicura delle informazioni che riguardano noi tutti e l’universo che sta sotto gli atomi, fino ad ipotizzare che in questa direzione potremo scoprire l’origine stessa dell’universo e già parliamo di una prossima conoscenza dei cosiddetti mattoni di Dio, mentre l’infinitamente grande e  altrettanto invisibile, si mostra sempre più come il distendersi vettoriale verso il sistema solare e verso le mete intergalattiche, ipotizzando cronologie dell’ordine di miliardi di anni luce e velocità che superino quella della luce.

Dalle valenze di queste considerazioni, nascono  i miti, le leggende, le storie, la storia di Rosario De Sarno come sconfinamenti dal sé, come esodi in terre ignote, per tornare più ricchi e più coscienti, nel sapere cosa è accaduto, come è accaduto, perché è accaduto, senza la cui consapevolezza, tutto appare non solo enigmatico, ma senza senso, come caos da caos da cui non si può cavare alcun cosmos. E allora non resta altro che discernere, nel senso di non abbassare mai la guardia dell’attenzione, perché nel caos che continuamente si rinnova, c’è bisogno di affinare l’intuizione, che è l’unica che può orientare l’etimologia dell’originalità, nella crisi continua di tutti i codici che chiamano in causa l’identità, semplice e complessa, nello stesso momento, che è fatta di mille piccole certezze, che si rinnovano e di continuo si confrontano con gli smottamenti della fantasia e del senso comune, filtrare, nella torbidezza che porta alle convivenze più spurie, che fanno da invisibile, quanto resistente e deviante, mascheratura, che spesso porta a premesse errate, da cui a catena discendono paradossi su paradossi e avvolgimenti nell’insignificanza, confrontare nel senso stretto del termine, per evidenziare la novità e soprattutto per accertarne la positività, perché ciò che è nuovo non necessariamente è migliore di ciò che è vecchio, al fine di avere un passato, un insieme di certezze, come dice Ortega y Gasset, su cui fondare le proprie certezze e muoversi verso le incertezze, perché altrimenti non c’è che alienazione, allucinazione e perdita di sé e non è certo questo il dato ontologico, su cui fondare un presente e ipotizzare un futuro, pur senza sapere come sarà.

Quindi per noi che guardiamo con interesse le opere di De Sarno si tratta di trasformarci continuamente, anche in senso fisico, attenuando o modificando la morfologia e riducendo gli inevitabili segni del tempo, adattando le nostre caratteristiche culturali, morali ed etiche in modo da non essere travolti dalla corrente continua degli eventi, delle progettualità e delle derive e seguire le trasformazioni, in modo da esser sempre in sintonia, in sincronia, il che vuol dire anche in critica e in dissenso, con quello che accade, nel reale e nel virtuale, per non essere preda di teorie superate, di linguaggi mitizzati, di retoriche rituali, tutte quelle cose che in passato hanno presieduto alla nascita, alla crescita, al declino e alla morte delle civilizzazioni e delle civiltà. Rosario De Sarno è in continua interazione tra il reale e il virtuale e viceversa, il primo destinato ad essere spazzato via dalla storia, il secondo  impastato tra campi magnetici, infrarossi e ultravioletti, due posizioni, accettabili e direi necessarie, per coltivare le memorie del passato e farle diventare energie della vita, ricordando che tutti gli innovatori, anche quelli oggi santificati, sono stati o pazzi o eretici e spesso le due cose insieme, per cui bisogna farsi un po’ volpi e un po’ colombi, per farsela a gambe, quando serve e per farsi cullare dalle correnti, quando è necessario.

Pasquale Lettieri