L’essenza della immaginazione quale risposta all’inimmaginabile

Tra sospetto e silenzio abbiamo vissuto il lungo periodo di quarantena a causa dell’invisibile azione di un virus che ha provocato morte, disabilità, dolore e pianto …“eravamo pronti a tutto, ma non alle candele e alle preghiere”. Il mondo ha visto riflesso in questo malessere l’estrema impotenza dell’uomo che lo portato al risultato della sua ingordigia.

Tra sospetto e silenzio iniziano controlli, richiami, nuovi comportamenti in cui tutto il popolo è coinvolto a causa della pand “tutto” e dêmos ‘popolo’. Ad un tratto, l’agire umano sempre alla affannosa voglia di un futuro mai sazio e saziabile viene paralizzato … è lo stream of consciousness, immagini che  scorrono veloci nella mente e nelle case si guardano insieme tra figli e genitori vecchie foto, video in bianco e nero…i nonni non si possono vedere ma solo sentire al telefono, ma nemmeno per tutti e facile così, mentre le tv trasmettono episodi che rimandando a cinquanta anni fa.

C’è una separazione tra quanto si è vissuto e quanto si avrebbe voluto vivere in un futuro che comunque per la sua alta velocità si sbriciolava giorno dopo giorno con i giovani che puntualmente cercavano e cercano ancora  un futuro altrove perché qui, nella loro terra, già ipotecato dalle mafie e dai poteri corrotti. Ci si sente  immersi quasi in una sorta di regime tra modulistiche e dichiarazioni alle forze dell’ordine, tra ore d’aria in luoghi prestabiliti e vita ai domiciliari.

Quel “futuro migliore” che si aspettava, come per Godot,  è rimasto in perenne ritardo memtre si è assistito e si assiste nel mondo ad un susseguirsi di guerre, epidemie, fame, malattie, violenze, sfruttamenti. Tra benedizioni e preghiere, invocazioni e intercessioni si cerca l’Onnipotente e qualcuno segnala su Facebook immagine sacre apparse in cielo giunte fino all’estremo confine celeste a dare sollievo all’uomo mortale ormai imbrigliato tra distonie presenti e proiettate ad futuro senza utopie,  che possano rimarginare ferite, cicatrizzare i segni del tempo, perché qualcosa di inimmaginabile ai nostri occhi da tempo non hanno saputo ammirare e lo sguardo appare orientato verso inquinamenti, desertificazioni, abusi edilizi. I dominatori della grande cupola dei poteri forti, alla fine, hanno provocato ha scatenato il vortice distruttivo della globalizzazione, che nulla ha potuto contro il minuscolo virus con la corona,riproducendo ansie, paure, terrore divenute  norma di vita nell’attesa di ridare al tempo il giusto spazio e il suo giusto percorrere in cui si ritorna ad amare il suono della parola, sognare la bellezza del creato e di questo ci dobbiamo rendere conto pienamente,  perché questo virus non ha solo scalfito pandemicamente l’umanità, ma ha riportato l’uomo a prendere coscienza delle sue fragilità in quest’annus horribilis che non può non richiamare alle nostre responsabilità.

Pino Cinquegrana
Antropologo