Lorenzo Cecilioni Poeticità strutturale

Lorenzo Cecilioni è il protagonista di opere  in cui prevale un minimale e sintetico spirito della sottrazione, della purificazione dell’effetto visibile, in termini di un rigore costruttivo che lo accomuna a Dubuffet, a Burri in una visione apollinea, dell’uno, della vita quotidiana, dell’altro, della concezione del mondo. Eppure la sua non è una cultura del ripristino monacale, della disciplina, della semplificazione, del ritorno modernista, quanto della loro interpretazione nell’età della ricchezza di massa, della vera attuazione dell’utopia delle avanguardie, che vivevano l’artificio e la macchina trionfante, in un mondo capitalistico, in una realtà, ancora e del​tutto, naturale, mentre nel nuovo secolo, tutto sembra attuarsi davvero. Certo,  viste oggi, molto vicine a noi , cronologicamente, ma avanzate culturalmente, fanno un po’ di inquietudine,  per il loro dogmatismo  e il loro sentirsi in una condizione di pienezza, mentre il nostro destino, ormai appare chiaro, è quello di passare da transizione a transizione, senza sapere esattamente, qual è il destino, qual è la meta. Cecilioni è in assonanza con la rivoluzione concettuale e tecnologica, della miniaturizzazione e della scomparsa, in una concezione della materia, dialetticamente all’opposto rispetto ad ogni tematica di spreco e di disprezzo della cosa, di ogni cosa. La sua è una ricerca delle fondamenta, del luogo della scaturigine, in cui si attua il regno del silenzio monocromo,​che richiama alla pulizia e al rigore, del design, dell’architettura di vetro specchiante, che si espande in linee orizzontali e verticali, raccontando la novità della geometria. In questo senso, la sua vita assomiglia alla sua arte, mi riferisco alla delicatezza di fondo e  alla poeticità strutturale. Lorenzo Cecilioni è un poeta della materia, e​la maggior parte di quelli che ne parlano, non hanno mai visto una sua opera, in prima persona, riferiscono “per sentito dire”, per cui, la possibilità di poter vedere, in una riunione magica, il complesso fondante e originario, costituisce un vero e proprio avvenimento, di quelli che non infiammano il grande pubblico, ma che stabiliscono i punti fermi della complessità di un’epoca, che non può essere schiacciata su un linguaggio dominante, che tende ad essere alienante. Quella di Cecilioni è una vera antitesi dialettica, fatta di un richiamo all’ordine, in tutti i sensi, dalla compostezza delle linee e dalla freddezza dei colori, che connotano un’identità che tende alla razionalità, a recuperare dalla lezione modernista gli aspetti multivalenti della cultura materiale, che possono diventare essenzialità,​bellezza, stile. Se pensiamo che tutto questo, sia contemporaneo della cosiddetta società dei consumi, della tenuta dialettica tra apocalittici e integrati, quando sembrava che dovessimo essere sepolti nella plastica e nelle cose inutili, riusciamo ad apprezzarne, ancora di più, la lezione materica, pulita e lineare, di chi nel bel mezzo della festa e del frastuono, si isola, si apparta, inventa  un mondo nuovo, compie primi passi in modo nuovo.

Prof. Pasquale Lettieri

Critico d’arte