Il mutismo selettivo e i prigionieri del silenzio.

I bambini sprofondano nel silenzio primariamente in specifici contesti, soprattutto a scuola, mentre questo non sempre succede negli ambienti familiari, quando succede anche tra le mura domestiche il disturbo si definisce maggiormente severo. Non bisogna però disperare neanche in questi casi perché il trattamento del mutismo selettivo è efficace; ma, in un percorso terapeutico, non saranno solo i bambini a doversi mettere in discussione quanto tutte le parti del sistema, in primis la famiglia e la scuola. L’intervento inizia nello studio del terapeuta per poi aprire le porte al mondo ai bambini, bambini che proprio per le strade del mondo si sentono intimoriti e incapaci, a poco servirebbe se tutto avvenisse soltanto all’interno del setting terapeutico. A scuola, ove tendenzialmente, i bambini mostrano le maggiori difficoltà ad esprimersi, gli insegnanti dovranno essere formati appositamente per mettere in atto comportamenti adeguati in risposta al silenzio. Pertanto, gli insegnanti impareranno a non comunicare ai bambini la pressione di dover per forza parlare, impareranno a non farli sentire inadeguati e deludenti. Allo stesso modo non mostreranno entusiasmo sfrenato per eventuali verbalizzazioni dei bambini stessi. Li aiuteranno ad esprimersi attraverso altri canali, ad esempio mediante il disegno o i gesti. Infine, con il ricorso ad attente strategie comportamentali, riusciranno a stimolare la relazione con i compagni, tanto da far sì che la stessa possa poi diventare una risorsa sia per i bambini in difficoltà che per i compagni. A casa come a scuola, gli adulti di riferimento dovranno accompagnare e sostenere i bambini nelle difficoltà in cui incappano, senza sostituirsi a loro quando non riescono a parlare, senza pretendere di conoscere i loro bisogni ancor prima che li abbiano espressi in alcun modo, senza pretendere nulla, senza urlare presi dalla rabbia e senza ricattare, sarebbe tutto controproducente e peggiorativo. Il clima adatto per sostenere chi è prigioniero delle proprie ansie, è quello dell’accoglienza, dell’ascolto attento e rispettoso; è fondamentale sapersi sintonizzare anche con i silenzi più profondi, silenzi che, se ascoltati in maniera autentica, nascondono significati che chiedono di essere visti e riconosciuti, bisogni che chiedono di essere soddisfatti, ansie che meritano di essere gestite, paure che vanno necessariamente accolte ed elaborate. Un clima di questo tipo non è affatto utopico, può essere creato e gestito anche nelle nostre quotidianità frenetiche, anzi permetterebbe di ridimensionare la frenesia stessa che stressa grandi e piccini. Uno spazio di accettazione e di affetto è il trampolino di lancio per il miglioramento della qualità di vita di tutte le parti del sistema, è una scelta che si può fare, momento dopo momento, con la consapevolezza che un disagio e un vissuto emotivo celano sempre un bisogno o più bisogni non soddisfatti. ​Il miglioramento della qualità di vita porterebbe tutte le parti del sistema ad essere meno disfunzionali e ad agire con tempestività. La tempestività in queste situazioni è doverosa per evitare che il disturbo possa permanere in età adolescenziale, sarebbe poi più difficile sradicarlo, il quadro si complicherebbe poiché all’ansia e alla paura andrebbe ad aggiungersi anche una vergogna sociale disregolata. Nonostante tutto, in adolescenza ancora molto si potrebbe fare ma è più efficace e funzionale rimboccarsi le maniche fin da subito e ricordarsi che i nostri bambini hanno il diritto di essere riconosciuti nelle loro difficoltà, nelle loro sofferenze e nei loro vissuti emotivi più profondi, per dare un valore alla propria vita senza inutili attese. “L’ascolto: di che cosa si tratta? Dell’altro e di noi stessi. Di una profonda disposizione ad ascoltare tutto fino nel profondo dell’universo e oltre i limiti del nostro intendere, per scoprirvi la fonte di ogni energia, di ogni mutamento, di ogni forma di vita, di qualsiasi tipo di vibrazione. Solo così saremo capaci di ascoltare l’altro come noi stessi.” (Tomatis Alfred) ​

Dott.ssa Rosetta Cappelluccio
Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale
Docente e supervisore Istituto A.T Beck Roma e Caserta
Conduttrice gruppi DBT adulti e adolescenti
Consulente tecnico d’ufficio per trauma neglect e abuso
Responsabile ambulatorio psicopatologia ospedale Buonconsiglio
Fatebenefratelli Napoli