PSICOLOGIA DI MASSA DEL POPULISMO

Psicologia di massa del fascismo è il titolo di un noto saggio di Wilhelm Reich, nel quale lo psichiatra americano di origine austriaca descrive nel 1932 “la peste emozionale”, “l’isteria di massa” che consentì ai fascismi di dilagare.
L’attuale momento storico ha ben poco a che vedere con il fenomeno fascista e con quel periodo della Storia. Ciò che caratterizza i movimenti populisti in Italia e in Occidente non riguarda la repressione sessuale di cui parla Reich. Reich vede nella famiglia patriarcale, nelle inibizioni sessuali e nella religione che definisce “sessuo negativa”, ossia oppressiva, l’origine, per usare le sue parole, della “strutturazione dell’uomo nel senso della sottomissione a un’autorità”. Gli elementi psicologici derivanti da tale strutturazione servile erano, di conseguenza, la paura della libertà e l’aggressività eterodiretta.
Dai tempi di Reich le analisi si sono di molto affinate. Oggi quelle teorie possono avere qualche utilità nell’analizzare le dinamiche emozionali profonde di un mondo antimoderno come quello del fondamentalismo islamico, ma appaiono inadeguate alla complessità dell’attuale momento storico.
Populismo e fascismo non sono la stessa cosa, ma populismo e autoritarismo sì. Il pieno, finale dispiegarsi del populismo, infatti, è precisamente l’autoritarismo.
Le Democrazie, come sappiamo, sono caratterizzate, tra l’altro, dalla divisione dei poteri: potere legislativo (il Parlamento), potere esecutivo (il Consiglio dei ministri), il potere giudiziario (la magistratura) e, infine, quello che il deputato Edmund Burke nel 1787 definì il quarto potere (l’informazione). Ma questi poteri qui sono in crisi.
In Italia il Parlamento è esautorato dai suoi poteri: esso legifera ciò che decide il Governo, perché i parlamentari sono stati, per la maggior parte, designati dai leader che governano. Dunque sono sudditi obbedienti. Yes men. Impiegati di partito che se osano in Parlamento esprimere opinioni difformi, rischiano di essere non solo espulsi dal partito di appartenenza , ma anche tenuti a pagare (come nel caso dei 5 stelle) multe salate al datore di lavoro, il padrone del partito. L’informazione è sotto attacco e continuamente minacciata dagli attuali governanti. E la Magistratura? Sulla Magistratura, invece, punta una parte dell’esecutivo (i 5 stelle), per essere da essa sorretto. Questo, il quadro. Poteri democratici anemici e accentramento degli stessi nelle mani di un paio di leader.
Il populismo italiano, pur inquadrandosi all’interno di un fenomeno occidentale epocale, ha caratteristiche e origini peculiari. Nasce con la fine della prima Repubblica e con l’avvento sulla scena politica nazionale di una nuova ideologia, quella giustizialista. La politica cede il passo al moralismo di maniera, l’onestà diviene programma politico e da categoria morale evolve ad assioma del discorso populista, alibi per l’assalto al potere da parte dei magistrati stessi (Di Pietro, De Magistris, Ingroia, Roberti) che prima inquisiscono e poi occupano poltrone, e, parallelamente, dal movimento 5 Stelle.
I nuovi meccanismi di voto accelerano il processo di cambiamento della mentalità del corpo elettorale. Andare a votare il candidato premier, infatti, significa cementare il rapporto di identificazione dell’elettore con il leader.
Ecco il nodo. Il sistema elettorale modifica la psicologia dell’elettore: più marcatamente si afferma l’identificazione con il capo. Il sistema proiettivo è in azione. Cos’è il sistema proiettivo? Il rispecchiamento nell’altro. Sono in funzione i famosi neuroni specchio scoperti da Rizzolatti. L’immagine del leader espugna e assorbe il reale. La complessità della realtà viene ridotta e semplificata dal suo discorso, che deve essere semplice per raggiungere tutti. Il discorso politico è ridotto a slogan. Le argomentazioni convertite in tweet. Semplificazione del linguaggio significa, alla fine, semplificazione e riduzione della psiche. La politica è ridotta a propaganda e l’elettore a spettatore. Egli non partecipa più nelle sedi dei partiti, partecipa attraverso lo sguardo, attraverso i suoi neuroni specchio.
Il leader deve parlare un linguaggio elementare perché io possa identificarmi in lui. Se dovesse avere un linguaggio troppo forbito potrei diffidare di lui, sentirlo come espressione di una élite da cui sono escluso. Deve apparire sincero, spontaneo e, dunque credibile. Come Trump, può indulgere a qualche volgarità; basta che questa sia istintiva ed egli apparirà affidabile. Come mai? Qual è il meccanismo che sottende questi orientamenti? Secondo Herbert Simon in noi sono presenti “blocchi di memorie”, blocchi di unità familiari di informazione. Esempio: se io dico “forchetta”, la parola più facile da associare può essere “cucchiaio”, perché parole che appartengono allo stesso blocco di memorie. Dunque, l’emersione anche casuale di un ricordo, può agganciare e portare in superficie un intero blocco di memorie. Franchezza e spontaneità di una persona, per esempio, possono essere facilmente confuse con onestà e affidabilità perché appartengono allo stesso blocco di memorie (l’una immagine richiama l’altra), influenzando scelte importanti come quelle elettorali, come è avvenuto, forse, per l’elezione di Donald Trump.
Ma torniamo all’Italia.
La democrazia italiana, quantunque malata e amputata di fondamentali facoltà, priva di un potere legislativo autonomo, sopravvive boccheggiante grazie a un paradosso: al potere non c’è un populismo, ma vi sono addirittura due populismi diversi, alleati ma in competizione tra loro. Questo antagonismo sotterraneo salvaguarda un residuo di dialettica, in attesa che una credibile opposizione finalmente resusciti. Ma dobbiamo sperare, per il bene del Paese, che il discorso politico non si esaurisca all’interno del recinto governativo. In questo caso i due duumviri continuerebbero a occupare da soli la scena riducendo le opposizioni a spettatori impotenti.
Se per ascendere al potere i 5 Stellati hanno issato il vessillo nero toga del moralismo di maniera, la Lega, dal canto suo, è cresciuta nel tempo indirizzando il rancore sociale prima sui meridionali, poi, per allargare i suoi suffragi al sud, ha spostato lo sguardo livoroso sui migranti. Qui il discorso si fa troppo lungo e complesso. La Lega ha approfittato della mancanza, in Italia, di una vera politica che disciplinasse l’immigrazione, e, interpretando un malessere diffuso, ha raddoppiato facilmente, nel giro di un anno, i suoi consensi. Una immigrazione illegale e tollerata, disordinata e incontrollata e senza una politica di integrazione, ha spalancato le porte allo “sceriffo” difensore dei confini. Ricordiamoci che, nel vecchio West, i poveri abitanti dei villaggi, terrorizzati, per mettere ordine, affibbiavano la stella di sceriffo al bandito più pericoloso.
Conosciamo tutti il meccanismo psichico alla base di questi fenomeni. E’ in gioco, lo sappiamo, il bisogno di appartenenza a un gruppo e il “concepimento” di un nemico. E’, questa, una risorsa memoriale ancestrale radicata nel nostro genoma, perché risultata funzionale alla sopravvivenza della specie. Ma ciò che ci è stato di aiuto nel passato ci può essere di impaccio oggi. Seguire ciecamente il capetto di turno senza una capacità di critica può farci arenare e perire come le 140 balene arenate, qualche giorno fa, sulle spiagge della Nuova Zelanda, e morte per avere seguito fedelmente tutte il loro capo-gruppo.

 

Paolino Cantalupo
Psichiatra, Scrittore