Cosa è avvenuto mentre il tempo stava per completare la presenza terrena del figlio di Dio?

Tutto si svolse nella Gerusalemme di oltre duemila anni fa, la città dove convivevano  le leggi di Roma sotto il governatorato di Pilato e quelle politiche e religiose  vigilate da Caifa, sommo sacerdote del sinedrio. In questa città della Palestina si consumò la Passione del Figlio di Dio narrata all’umanità da quattro giornalisti: Matteo, Marco, Luca e Giovanni.

Gesù disse ai suoi discepoli: ”voi sapete che fra due giorni è Pasqua e che il figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocefisso (Mt 26,1-2). Quindi prima ancora del rito dell’Ultima Cena e ai fatti ad essa rilegati, Gesù aveva comunicato  -secondo Matteo – il senso della Pasqua di quell’anno in cui festeggiava 33esimo compleanno. Ma, allo stesso tempo, rivelava agli Apostoli anche lo strumento della sua morte: la Croce. Anche la sua sepoltura viene preannunciata (Mt 26,6-13). A Betania una donna – racconta l’evangelista Matteo(26,7) – verserà un vaso di alabastro pieno di olio profumato  sul capo  di Gesù, preludio sepolcrale. La scena è completamente diversa in Luca (7,36-38), qui Gesù viene invitato in casa di un fariseo:

Egli entrò nella casa del fariseo

E si mise a tavola(Lc 7,38)

Anche in Luca, comunque la centralità narrativa è la donna che versa olio profumato sui sui piedi di Gesù e li asciuga con i suoi capelli.

In Giovanni sappiamo che la donna si chiama  Maria ed è la sorella di Lazzaro, la quale versa il nardo sulla testa di Gesù quanto sui piedi (Gv 12,3). Un gesto che, comunque, appare irrazionale se non lo si legge come qualcosa altro, cioè per tradizione o per ispirazione divina. In Giovanni sappiamo qualcosa in più rispetto agli altri tre. Intanto che a tavola con lui vi era anche Lazzaro (che Lui aveva resuscitato dai morti) e che si tratta di una cena. In Matteo (26,7) la donna si avvicina a Gesù con oli profumati, quindi è dentro l’azione inizia all’interno della casa; in Marco (14,3) giunge una donna con un vasetto di alabastro con olio profumato, sembrerebbe che la donna venga da fuori ed entra nella casa dove è ospitato Gesù; in Luca (7, 37) Gesù è invitato a mangiare (non si è dato sapere da il nome dell’ospitante) e la donna con gli oli profumati  si presenta in questa casa, viene detto  che è una peccatrice che appresa la notizia dove si trovasse Gesù in quel momento vi si recò per ungerlo con gli oli. Qui è chiarissimo la donna viene da fuori. È sempre la stessa donna? Di certo in tutti i quattro racconti non sappiamo cosa si è consumato in questa cena e nemmeno di cosa si è parlato.

Secondo Marco, il nardo versato avrebbe fruttato più di trecento denari da destinarli ai poveri. Una destinazione dovuta al fatto che la famiglia ospitante faceva per conto proprio come atto votivo, o altro? E chi erano i poveri a cui sarebbe stato destinato tanto denaro? Ma Gesù interviene dicendo:

Essa ha fatto ciò che era in suo potere

ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura (Mc 14,8).

La donna, quindi, poteva farlo “era in suo potere”. Ma di quale potere si tratta? Di sicuro questo fatto è preludio a quanto si dovrà svolgere nei prossimi giorni, che diventano tenebrose in primis nell’animo e nel cuore di Giuda che,  Matteo, il primo a scrivere, racconta di un  Giuda che agisce autonomamente nel suo atto meschino e va dai sommi sacerdoti dicendo:

quanto mi volete dare

perché io ve lo consegni?(26,14-15)

E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Per la cultura greca si trattava di trenta stateri d’argento; ogni moneta greca equivaleva ad un siclo che era la moneta dei santuari. Trenta sicli era il prezzo fissato dalla legge  per la vita di uno schiavo. Il fatto che Giuda si rechi al sinedrio per contrattare il tradimento e la cattura significa, intanto, che si era a conoscenza che i sinedriti desideravano catturarlo e condannare a morte, erano solo in attesa del momento giusto. D’altronde, i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di impadronirsi di lui con l’inganno, per ucciderlo(Mc 14,1; Lc 22,1-2). Nel racconto di Giovanni l’intenzione del sinedrio era addirittura quella di uccidere non solo Gesù ma anche Lazzaro (Gv 12,10) perché molti Giudei se ne andavano  a causa di lui e credevano in Gesù (Gv 12,11).

Anche in Marco il tradimento di Giuda avviene prima che egli sigilli con l’atto di intingere nel piatto del Maestro. Questo sarà anche il motivo per cui, probabilmente, quando Gesù, stava consumando la cena, dirà che chi intingerà nel suo piatto lo tradirà, mentre tutti sono preoccupati a capire verso chi era diretta l’accusa, Giuda sembra disattendo, non partecipa con i sensi alla conversazione e compirà l’atto preannunciato dal Maestro.

Dove si farà il pasto dell’addio? chi lo organizzerà?  Matteo ci riferisce della decisione di Gesù di inviare due dei suoi presso un tale e dirgli che là il signore intende sostare per  fare la Pasqua (Mt 27,17-18). Per Marco inviò due dei suoi dicendo:

andate in città e vi verrà incontro un uomo

con una brocca d’acqua;

seguitelo e là dove entrerà  dite al padrone di casa:

il Maestro dice:

dov’è la mia stanza perché io

vi possa mangiare la Pasqua con i miei Discepoli?

Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala

con i tappeti, già pronta;

la preparate per noi (Mc 14,13-15)

E’ chiaro che non si tratta di una vera e propria casa. Trovare spazi apparecchiati induce a pensare più ad una locanda, un luogo adibito alla ristorazione. Secondariamente, si nota nel racconto che tra il Maestro e il padrone della casa ci doveva essere una certa amicizia visto che Gesù dice ai due di chiedere a nome suo. Anzi, non è azzardato pensare che il locandiere (padrone della casa)  era a conoscenza dell’imminente arrivo di Gesù, visto che la sala era “già pronta”. Mentre il seguire l’uomo con la brocca d’acqua, non può non significare il seguire il servo che stava rientrando dal luogo dell’approvvigionato  dell’acqua. Sembrerebbe più un connotativo, un modo per riconoscere il luogo da certe abitudini che a certe ore si è soliti fare. Quel “là preparate per noi”, si presta ad un doppio significato: aiutare in cucina affinché all’arrivo degli altri tutto fosse pronto per la cena, ma anche di predisporre l’ordinazione di cosa il gruppo voleva o doveva mangiare. L’evangelista Luca, invece, al contrario di Matteo e di Marco, rivela anche i nomi degli Apostoli che Gesù invia  per i preparativi della cena cioè Pietro e Giovanni. Anche per Luca c’è una certa familiarità con la locanda, dove si svolgerà il pasto, lo si capisce dalla domanda: “dov’è la stanza in cui possiamo mangiare” e anche dal fatto che la stanza – al secondo piano – è “grande e addobbata”.  Giunta la sera ecco i Dodici  riuniti per la festa della Pasqua a consumare il pasto a ritualizzare la nuova alleanza che si consuma, però, nella tragedia. Ci saranno due morti: un suicidio ed un omicidio. Si potevano evitare solo se il sinedrio avrebbe riconosciuto il Messia, avrebbe compreso il Suo parlare e il suo agire nel bene dell’uomo e contro ogni male che poteva contaminarlo (malattia, possesso demoniaco, lenire la fame). Colpa, quindi, della cecità dell’uomo che vuole spiegarsi il mistero con il linguaggio del terreno?

Prof. Pino Cinquegrana Antropologo